mercoledì 4 aprile 2012

Sacrificati sull'altare dell'austerità

Michelangelo Merisi da Caravaggio [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
L'angelo ferma la mano di Abramo,
ma Angela chi la ferma?
Giusto ieri Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ha dichiarato che "la corsa indifferenziata all'austerità si mostrerà controproducente". Provo umilmente a spiegare perché.

Il benessere di una nazione si basa sul Prodotto Interno Lordo che, semplificando, è la somma di tutte le transazioni che avvengono all'interno di uno Stato. In sostanza, ogni volta che un euro passa di mano, il PIL si incrementa proprio di un euro. Per fare un esempio, se pago 100 euro ad un libero professionista il quale usa quegli stessi 100 euro per pagare il suo commercialista, il quale a sua volta li usa per fare la spesa, i 100 euro che circolano sono sempre gli stessi ma il PIL prodotto da questi tre attori sarà di 300 euro.

Chiaramente anche le spese della pubblica amministrazione e dello Stato in generale si concorrono a formare il PIL ed è proprio qui che va ad agire il meccanismo (perverso) dell'austerity. Lo scopo è quello di diminuire la spesa pubblica per ridurre in valore assoluto il deficit e possibilmente il debito pubblico. Il problema è che questi due dati presi da soli significano poco: quello che conta è il loro rapporto con il PIL.

Detto questo, dovrebbe essere abbastanza chiaro che diminuendo la spesa pubblica si diminuisce direttamente anche il PIL (anche se in percentuale minore). Ma i soldi risparmiati dallo Stato sono anche soldi che non vengono incassati e ri-spesi dai privati e questo significa un'ulteriore contrazione del PIL. Tenendo presente che anche una minima diminuzione del PIL fa aumentare il rapporto deficit/PIL che quindi continuerà a rimanere fuori controllo.

L'alternativa potrebbe essere quella di aumentare tasse e imposte, cioè in sostanza obbligare i cittadini a sborsare dei soldi che magari in un periodo di crisi preferirebbero tenere sotto il materasso. Questo indubbiamente alza il PIL ma poi lo Stato cosa fa di quei soldi? Se li usa per ridurre il debito pubblico sono soldi che non ritornano più in circolo e quindi non generano altro aumento di PIL. Quei soldi dovrebbero essere essere investiti per rimetterli in circolo e far aumentare il PIL (oltre che per migliorare i servizi offerti ai cittadini).

Questo è grossomodo quello che è successo in Grecia: ci sono stati una serie di tagli di spesa e di aumenti delle tasse che hanno si ridotto il deficit ma contemporaneamente hanno anche intaccato il PIL che ha trascinato verso l'alto i rapporti deficit/PIL e debito/PIL costringendo ad altri tagli ed altre tasse in una spirale che terminerà solamente con il default.

Con questo dovrebbe essere chiaro che, parafrasando Keynes, non si tratta di spendere meno ma di spendere meglio.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti al momento non sono moderati: fanne buon uso!